"Ipotetico pensiero post mortem"
Lei era sempre più debole. Le pareva che ogni grumo del suo sangue facesse fatica a coagularsi fluidamente nelle sue vene. Le pareva che ogni battito del suo cuore fosse un miracolo ad ogni istante. Egli, lentamente sentiva l'essenza stessa della vitalità, svanire ad ogni respiro. Le pareva di morire.
Era affetta dalla "sindrome del vampiro", è così che preferirei definire il suo male, un tal male che può solo condannarti alla ricerca continua di sangue e di energia, al contrario, puoi solo sprofondare in giorni fatti di stremo fisico, respiri deboli, dolori di testa e infiammazioni alla gola. Un chilo può diventare dieci volte più pesante e una passeggiata, una scalata in salita. Così, ogni maledetto giorno, puoi provare solo lo stupore di quanto ancora il tuo corpo possa riuscire a stare in piedi e allo stesso tempo, provare un certo senso di sconfitta nel saperti ancora giovane nonostante tu possa esser paragonato benissimo ad un debole vecchio col bastone.
Mentre il tempo scorreva inesorabile, per lei, toccare il fondo, era come un comodo letto dove adagiarsi tra un sonno e l'altro; aspettava le forze come una grazia, sperava ancora in una manciata di voglia e di energie. Aveva un mucchio di cose da fare, tutte cose che per mesi continuava a rimandare, a trascinarsi dietro come un fardello, un lungo elenco di cose tra le quali vivere e recarsi da quello stronzo di medico dall'ego supremo e dalla capacità di non capire un cazzo a parte l'influenza.
Tuttavia, le pareva che a nessuno importasse del suo stato... si sà, ciò che non è visibilmente manifestato, non è quasi mai riconosciuto e "pigrona", era il termine piú gentile che lei potesse sentirsi dire. In quei giorni di malattia, poteva paragonare il presente come ad un qualcosa che striscia su uno sterrato e il futuro come a un pesante pensiero nero angoscioso e benché il passato l'avesse resa incapace e misantropa, le pareva ancora una volta, che fosse questo il prezzo da pagare. I brutti ricordi a una certa età, cominciano a sgretolare quei particolari necessari al ricordo stesso, nonché legati a tutte quelle sgradevoli e profonde emozioni che davano senso al perché delle sue scelte. Pensare a questo la faceva impazzire. Si, perché malgrado quei sporadici e deboli tentativi di venir fuori dal suo brodo, ricordando quei volti in cui riponeva il suo desiderio di 'guarigione' e che non furono altro che pieni di ipocrisia e falsità, egli rimase esattamente ferma a ciò che era. Così l'orgoglio gli bruciava dentro; doveva arrendersi al pensiero di ammettere che i suoi fantasmi fossero troppo radicati e fusi al suo modo di essere e che fossero lì, a ridere di lei, a gongolarsi e a godere della sua sfortuna, un destino ormai segnato e una voce dentro di lei a dirle che ormai poteva solo considerarsi spacciata.
Giorno 14/04/2018 ore 15:09
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